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La tecnologia a mRNA per un vaccino unico contro tutti i possibili ceppi di influenza?

La tecnologia dei vaccini a mRNA (RNA messaggero), che ha permesso di frenare la pandemia di Covid 19, potrebbe ora portare a un obbiettivo inseguito da anni: quello di un vaccino antinfluenzale che protegga da tutti i possibili ceppi in circolazione in una data stagione. Fino a oggi le formulazioni dei vaccini annuali si sono basate su calcoli probabilistici e su ciò che si vede solitamente in Australia, primo continente dove la malattia fa la sua comparsa in quella che, alle latitudini europee, è la primavera. Ma capita che il vaccino formulato non corrisponda pienamente ai ceppi attivi in quella stagione, e che sia quindi poco efficace. Ora tutto questo potrebbe finire, se i dati ottenuti dal gruppo di uno dei due padri del vaccino anti-Covid, Drew Weissman dell’Università della Pennsylvania (Stati Uniti), sui modelli animali più usati per studiare l’influenza, i topi e i furetti, troveranno conferme anche sugli esseri umani. Secondo quanto riportato sulla rivista Science, gli animali sono stati immunizzati con una miscela di 18 mRNA di una delle due proteine che costituiscono la parte specifica dei ceppi A del virus influenzale, l’emoagglutinina, e due mRNA dei ceppi B (praticamente tutti i ceppi noti). Dopo la vaccinazione, la risposta anticorpale si è rivelata ottina, senza particolari effetti collaterali. Inoltre gli anticorpi, che si sono formati tanto in animali mai esposti prima a virus influenzali, quanto in animali che hanno una memoria immunologica specifica, sono rimasti stabili per tutta la vita degli animali: un dato incoraggiante, che suggerisce che l’immunità possa durare a lungo.

Infine, gli animali vaccinati, una volta esposti a varie tipologie di virus, non si sono ammalati gravemente come accade in assenza di un vaccino e hanno avuto una mortalità nettamente inferiore (nei topi) o assente (nei furetti).

Va specificato che il vaccino universale andrebbe comunque preparato ogni anno. Ma proteggerebbe dai casi gravi, evitando o riducendo di molto i ricoveri, le complicanze e i decessi (secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, tra i 290.000 e i 650.000 ogni anno).
Restano comunque da ottimizzare alcuni aspetti tecnici prima di procedere con i test nell’uomo.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 30 novembre 2022
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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